Ill.mo Sig. Giudice,
la presente memoria (che non chiameremo “difensiva” non
dovendoci difendere da qualsivoglia accusa dato che non abbiamo commesso nessun
reato) è rivolta direttamente e personalmente a lei, per onore di verità e
giustizia.
Nel Codice Penale sono ben definiti e
chiari i crimini e le colpe di ogni indagato: per essere accusato, quindi, è
necessario aver commesso un delitto e comunque la Giustizia italiana afferma
che un cittadino di questa Repubblica dovrà essere considerato innocente sino
all’ultimo grado di giudizio e condannato sulla base di prove certe ed
inconfutabili della sua colpevolezza.
“Reato” sono il ricatto, il sequestro
di persona, il plagio, la manipolazione, la violazione della privacy oltre,
naturalmente, l’omicidio, la rapina, il traffico di uomini e merci illecite.
Tutto ciò viene considerato dai
Tribunali ordinari veri e propri ma seppure noi non avessimo commesso alcuna
delle azioni qui elencate, lei, esimio Sig. Giudice, dall’alto del suo
piedistallo, illudendosi di essere onnipotente, surrogato “padre” di mille
sfortunati minori, prede della smania d’omuncolo alla conquista della “toga”,
illuso d’esser sopra tutti noi, anche dal punto di vista culturale, usando ed
abusando del potere che si è accaparrato in questo “sistema” malato, ci ha
giudicato e condannato senza processo, senza alcuna possibilità di
contradditorio, seguendo esclusivamente i suoi parametri.
Psicologi di parte, collusi, amanti di
direttori o azionisti di Case Famiglia e/o Comunità, Assistenti Sociali in
cerca di carriera, giovani, sconosciute ed inesperte che hanno scritto,
minacciato e agito senza verificare, senza indagare, senza conoscere.
La verità non piace a nessuno, è
offensiva.
Noi, invece, la bramiamo perché siamo
una famiglia.
Una famiglia fondata su un enorme
amore, capace di affrontare le battaglie più gravi ed importanti che si sono
poste sul nostro percorso.
Questa famiglia è composta da Emanuela
(madre), Enzo (padre), Maurizio (primo figlio), Letizia (seconda figlia) e la
dolce Giulia (terzogenita).
Sono entrati nella famiglia e sono
stati accolti nel tempo, Mariangela, Vanessa e, da poco, in ultimo (per ora),
Christian.
Intorno al nucleo centrale orbitano via
via nonni, zii, amici, colleghi e conoscenti, ognuno con una sua anima ed
importanza nella nostra vita.
Ricordo che la famiglia è il fondamento
della società.
In essa non sempre tutto è “rose e
fiori” ma non per questo bisogna distruggerla o sostituirla.
Vede, dottore, non abbiamo bisogno che
lei (o chi per lei) ci insegni ad alzarci presto la mattina per andare al
lavoro o a scuola, a vivere in ambienti sani e puliti, a vestirci con abiti
caldi in inverno e freschi d’estate, a prenotare visite o a comprare ciò che
occorre, che i debiti vanno pagati e che esistono regole di buona convivenza
con la società da rispettare….non ci serve chi ci dica come vivere o
sopravvivere né chi venga a controllare in casa nostra se spazziamo in terra o
mangiamo tutti insieme.
Questi beceri tentativi vanno contro le leggi stesse
della Natura.
Democrazia non vuol dire inculcare
negli altri le proprie idee, non è detto che queste siano giuste e valgano
parimenti per tutti.
Chi crediamo di essere noi per poter
decidere cosa sia giusto o sbagliato per noi stessi e per il resto del mondo?
Il fatto che un vegano non voglia
mangiar o usare nulla che derivi da animali non significa che noi oggi a pranzo
non possiamo preparare una gustosa frittata né che pensarla in maniera diversa
indichi una nostra mancanza di rispetto o educazione.
Invece che aiutarci e sostenerci, lei,
Signor Giudice, ha voluto smembrare la nostra famiglia per motivi che riteniamo
ingiusti, ingiustificati, aggiungendo spese accessorie e problemi enormi alla
situazione, assurgendo a ideologie in difesa dei minori.
Ogni membro della famiglia è stato
umiliato, vessato, ricattato sia come genitore, figlio, fratello, sorella,
nonno, nonna, che come persona, soggetto umano dotato di coscienza e libero
arbitrio.
Il dolore che ha provocato è
incalcolabile e né il tempo, né la giusta conclusione di questa storia potranno
cancellarne le cicatrici.
Non ci sarà perdono né equo
risarcimento.
Sappia solo che se lei non firmerà la
scarcerazione e la fine dell’ingiusta detenzione della nostra Giulia non potrà
più averci sotto le sue regole, i suoi dogmi inutili e malefici, volti solo ad
affermare il dominio su di noi, a suo parere persone inermi, ignoranti ed
indifese, facili da sottomettere.
Non saremo più ricattabili perché
cos’altro potremmo temere di subire, cosa potrà farci dopo averci già preso
tutto?
Smetteremo immediatamente di seguire le
sue indicazioni, di eseguire i suoi compitini a casa, perché lei non può
insegnarci niente, non ne è in grado e non è certamente più in alto di noi
sotto nessun punto di vista.
Lo accetti, se ne faccia una ragione.
Del resto lei per primo non ha seguito
o fatto seguire le regole, le leggi, dai
suoi adepti (ad esempio l’aver permesso ed insabbiato che Giulia (ved.
cicatrici) si fosse tagliata volontariamente le braccia perché concentrandosi
sul dolore fisico avrebbe smesso di sentire il disagio psicologico dovuto all’
“approccio maldestro” (così l’avete definito) da lei subito nella Comunità Casa
Alice di Imperia e poi l’aver trattenuto i giochi elettronici di Letizia che
non le sono stati restituiti alla sua uscita dalla Comunità di Aulla (questo
non solo a casa nostra ma secondo il Codice si chiama “appropriazione
indebita”) o il cellulare di Giulia, (memoria cancellata) sono evidenti, gravi
e punibili malfunzionamenti della macchina che lei si vanta di indirizzare così
perfettamente.
Le rammentiamo, inoltre, che i ragazzi
ormai maggiorenni usciti dalle Comunità o Case Famiglia sono sicuramente
testimoni (scomodi) di tutto quanto è loro accaduto e ciò che hanno subito e
sopportato durante il loro allontanamento da casa, magari sotto minaccia.
Ha compiuto mille azioni senza nemmeno
interpellarci, come lo cambiarle indirizzo scolastico o invitarla a cena.
E non racconti a Giulia di amarla.
Siccome Giulia non ha l’età per essere
la sua compagna o fidanzata ciò presuppone, si spera (sennò si dovrebbero usare
altri termini) che lei la veda come figlia pur non potendo sapere cosa vuol
dire amare un figlio così come una persona nata senza occhi non può immaginare
come sia vedere il mondo.
Non potrà mai sostituirsi a noi.
Lei ha continuato a fare mambassa dei
figli degli altri perché purtroppo, (e siamo al fulcro del discorso) lei non ne
ha di suoi, è solo e nessuno le vuole sinceramente bene.
Questo ci induce a provare enorme pena
per lei.
Ci dispiace Signor Giudice ma due,
cento, diecimila lauree non le terranno la mano, non l’abbracceranno, non le
faranno compagnia, né l’ameranno.
Lei ha voluto sostituire la famiglia
naturale con altre, fittizie, formate da estranei.
L’amore non si può imporre.
Esso viene dal cuore, dalle viscere e
quello della nostra famiglia sarà eterno, nonostante tutto il dolore che
abbiamo subito, ci legherà per sempre.
E continueremo ad insegnare ai nostri
figli e nipoti a discernere tra bene e male, senza imposizioni ma con libertà, verità
e giustizia.
Che lei lo voglia oppure no.
Augurandole di ricevere almeno quanto è
stato dato a noi, le porgiamo un saluto reverente.